𝕃’𝕖𝕥𝕖𝕣𝕟𝕚𝕥à 𝕒𝕞𝕒 𝕝𝕖 𝕠𝕡𝕖𝕣𝕖 𝕕𝕖𝕝 𝕥𝕖𝕞𝕡𝕠.
(𝕎𝕚𝕝𝕝𝕚𝕒𝕞 𝔹𝕝𝕒𝕜𝕖)

Ci sono vini che vanno degustati con riverenza. Bisogna in quel momento aprire gli occhi e la mente per confrontarsi con la materia che abbiamo nel calice. Non è questione di carpirne descrittori o sensazioni gustative, la questione è capire che quella materia è destinata a durare per l’eternità.
Ho presentato questo vino bendato ad una cena con amici: ottimo, fantastico, spettacolare e fin qui tutto bene, meritava tutti gli apprezzamenti del caso. La questione è passata ad un livello intellettivo superiore quando ho domandato – quanti anni ha? – perché le persone rispondendo e vedendo il mio sorriso beffardo si stavano rendendo conto di avere a che fare con qualcosa di poco tangibile. Chi ha osato ha detto 20/30 anni ma parliamoci in tutta sincerità, nel calice sembrava di avere un vino giovane, al massimo maturo.
Capite bene che quando la bottiglia è stata sbendata, leggere in etichetta 1974 (età anagrafica 48) abbia portato tutti su un altro piano, non più empirico ma astratto, metafisico.
Questa è la magia di quel fazzoletto di terra a qualche decina di km a sud di Bordeaux. Magia che trasforma con difficoltà un ceppo di vigna in un solo calice dopo innumerevoli passaggi di vendemmie che durano settimane. Vini destinati all’eternità.



