Montenidoli – “Un’opera d’arte è il risultato unico di un temperamento unico” – Oscar Wilde

Questa è la nuova tappa su San Gimignano del progetto #diCantinaInCantina un format in cui le aziende da visitare sono scelte di volta in volta dai produttori che mi hanno accolto. Ci eravamo lasciati in quel di Cappella Sant’Andrea e oggi siamo immersi in questo splendido paesaggio con vista sulle torri del borgo medievale. Dove mi avrà consigliato di andare Francesco Galgani?

“Benvenuti a Montenidoli. Terra di luce, pace e accoglienza” Così recita la intro sulla home page del loro sito internet. Niente di più bello e vero poteva essere utilizzato come messaggio di benvenuto.

Siamo nel versante ovest di San Gimignano, le cui mura medievali si stagliano proprio di fronte ai miei occhi uscendo dagli uffici dell’azienda. Da una parte le Torri e dietro di noi i boschi della riserva naturale di Castelvecchio. La strada che giunge dal paese è lunga e impervia tanto che giunto al cancello di ingresso mi sembra di aver percorso decine di chilometri ed aver abbandonato completamente la civiltà. Una sorta di percorso spazio/tempo che ti proietta in mondo a se stante, immerso nella natura, lontano dalle folle di turisti che annualmente imperversano a San Gimignano. Nessun rumore soltanto pace e tranquillità di un ambiente rurale che poco è cambiato dagli anni ’60 ad oggi. E’ qui, nella “monatgna dei piccoli nidi”, Montenidoli, che Elisabetta Fagiuoli assieme al suo compagno Sergio Muratori approdano nel 1965.

Ad accogliermi c’è Alessio Cecchini assistente enologo e rappresentante per l’estero, in forza a Montenidoli dal 2019 e con un background da vero globe-trotter del vino: dai nostrani Chianti Classico e Montalcino al downunder in Australia e Nuova Zelanda, passando per Sud Africa e Borgogna. Laureato in enologia e viticoltura con una tesi sulla vinificazione in cemento del Sangiovese svolta tra l’altro durante la sua esperienza a Riecine.

Se sulle etichette, a rimarcare l’unicità di questa realtà, troviamo la scritta “Sono Montenidoli” possiamo però affermare con tranquillità che in questo caso c’è una persona che “È Montenidoli”, Elisabetta, ed è ovviamente da lei che parte il racconto di Alessio.

Elisabetta Fagiuoli proviene da una famiglia benestante della Valpolicella, tra l’altro produttori di vino, laureata in storia dell’arte a Parigi, si accompagna a Sergio di professione maestro e insieme decidono di trasferirsi a San Gimignano. Acquistano il podere e circa 200 ettari di terreno all’interno dei quali oltre a bosco, olivi e seminativo ci sono circa 3 ettari di vigne completamente abbandonate. Passeggiando all’interno della proprietà si possono incontrate alcune piante vecchissime, maritate, ultracentenarie. Le piante più vecchie oggi ancora in produzione hanno età che varia tra i 60 e i 70 anni. Da subito Elisabetta applica una selezione massale, utilizza un compost con i lombrichi, metodi per quegli anni ai confini del futuristico. Altitudini che variano dai 250 metri ai 500 metri con terreni ricchi di scheletro e caratterizzati da sedimenti marini risalenti al periodo del Pliocene. Nella vigna più alta che si trova al di sopra della cantina di affinamento il terreno assume sfumature completamente diverse presentando suoli che risalgono all’epoca del Triassico e che sono ricchi di ferro e calcare.

L’azienda può contare oggi su 27 ettari vitati di cui 15 a Vernaccia di San Gimignano. Il 90% delle vigne si trova attorno alla cantina e soltanto il 10% si trova altrove, in zona Cortennano, vigne dalle quali viene prodotto principalmente il Chianti Colli Senesi grazie a terreni più sciolti fatti di sabbie ed argille.

La degustazione:

Tradizionale 2020 Vernaccia di San Gimignano DOCG

🍇 100% Vernaccia

⛰️ 250/350 mt slm

🍁 Cordone Speronato

🗿Calcareo con sedimenti marini

⏳ 10gg macerazione sulle bucce, pressatura, affinamento in cemento vetrificato e sosta in bottiglia 

#️⃣ 25.000 bottiglie

Il nome riporta a come in origine la Vernaccia venisse vinificata come un vino rosso. Il vino si doveva presentare di un colore giallo intenso e si poteva bere soltanto quando era passata l’estate. Nel calice un giallo paglierino intenso, naso ricco di sfumature e di notevole profondità. Nette le note erbacee e di erbe officinali, si delineano nouances di spezie e di frutta secca. Al palato la grande freschezza e sapidità ben bilanciate da una notevole struttura. Il finale è lungo e regala ancora toni erbacei, di nocciole e mandorle senza mai andare sull’amaricante.

Fiore Vernaccia di San Gimignano DOCG 2020

🍇100% Vernaccia

⛰️250/350 mt slm, Vigna dell’etrusco

🍁Cordone Speronato

🗿Calcareo con sedimenti marini

⏳In acciaio e cemento per 12 mesi sulle fecce, sosta in bottiglia

#️⃣18.000 bottiglie

Deriva dal mosto fiore che senza passare dalla pressa giunge direttamente in vasca. L’idea è quella di preservare la purezza del vitigno e di donare complessità grazie anche alla lunga sosta sulle fecce. Il colore è un giallo paglierino tenue, al naso denota grande finezza ed eleganza dei profumi. Escono sentori floreali di fiori bianchi di campo, assieme a note erbacee, di fieno appena tagliato. Al palato vincono le durezze con la notevole sapidità e sensazione minerale. E’ un vino che ti fa salivare e che ti invoglia al sorso grazie anche ad un finale di grande pulizia.

Carato Vernaccia di San Gimignano DOCG 2019

🍇100% Vernaccia

⛰️350 mt slm, Vigna i Gobbi

🍁Cordone Speronato

🗿Calcareo con sedimenti marini

⏳Mosto fiore, fermentazione e affinamento di 12 mesi in barriques, 24 mesi in bottiglia

#️⃣6.000 bottiglie

Bottiglia leggendaria che racconta a pieno il background della produttrice. Una donna che ha viaggiato tanto e che ha stretto nel settore importanti conoscenze a livello mondiale, Jayer per dirne uno a caso. Bottiglia che a Beaune, in Borgogna, servita alla cieca, scatenò letteralmente il panico tra i presenti. Carato è un trade union tra le metodologie utilizzate per la vinificazione dagli Etruschi e dai Templari (fermentazione in legno) e lo stile della Borgogna. E’ un vino dal bellissimo colore dorato, dal naso intenso e complesso in cui si alternano frutta a bacca gialla, fieno, agrumi, erbe officinali e spezie. Il sorso è pieno, avvolgente ma dotato di grande freschezza e notevole sapidità. Finale molto persistente su note agrumate. Vino dal grande potenziale evolutivo, ma di questo ve ne parlerò più avanti.

Il Templare 2018 Toscana IGT

🍇80% Vernaccia, 15% Trebbiano, 5% Malvasia bianca 

⛰️350 mt slm

🍁Cordone Speronato e Guyot

🗿Calcareo con sedimenti marini, argilloso

⏳12 mesi in barrique, 12 mesi in cemento, 12 mesi di sosta in bottiglia

#️⃣3.000 bottiglie

Un’etichetta che rievoca la presenza dei Cavalieri Templari a Montenidoli, San Bernardo da Clairvaux (Champagne) e la Via Francigena. Non potevano che essere i 3 vitigni della tradizione a comporre questo vino. Il lungo affinamento primo in barrique, poi in cemento e per finire in bottiglia determina un vino dalla notevole complessità gusto-olfattiva. Al naso emerge un bouquet di rara profondità che spazia dalla ginestra, passando per gli agrumi e finendo su note speziate di tendenza dolce ma anche pungente. Il sorso è un continuo susseguirsi di sensazioni contrastanti che rendono la beva divertente e complessa. Un vino poliedrico capace di abbinarsi indifferentemente a carne bianca, crostacei e pesce ma che come consigliato in cantina è un ottimo alleato per un fine pasto con formaggi stagionati o erborinati.

Il Garrulo 2019 Chianti Colli Senesi DOCG

🍇Sangiovese, Canaiolo, Trebbiano, Malvasia

⛰️250/350 mt slm

🍁Guyot

🗿Calcareo, argilloso

⏳Fermentazione, macerazione e affinamento in cemento

#️⃣18.000 bottiglie

Ci sono vini che ti portano indietro nel tempo, quando li metti al naso ma soprattutto quando li assaggi. Un calice che ricorda il Chianti di una volta dove il cemento la faceva da padrone e dentro il quale venivano inserite sia le uve a bacca rossa che quelle bianche. Il nome in questo caso non poteva essere più azzeccato: Garrulo è il nome comune dell’uccello beccofrusone o del genere di uccelli a cui appartiene la ghiandaia, se usato come aggettivo di persona è sinonimo di loquacità, ciarleria. E’ proprio in questo ultimo esempio che ritrovo lo spirito di questo vino: un vino da tutto pasto, adatto ad ogni occasione e perfetto da bere in compagnia, con spensieratezza, un sorso dietro l’altro. Il classico vino della domenica, rosso rubino, che gioca sul frutto rosso e dalla beva piacevolissima.

Montenidoli 2019 Toscana IGT Rosso

🍇100% Sangiovese

⛰️250/350 mt slm

🍁Guyot

🗿Argilloso, calcareo

⏳Fermentazione e macerazione in cemento, affinamento in barrique, sosta in bottiglia

#️⃣18.000 bottiglie

Un Sangiovese in versione verace che esprime il suo carattere scontroso ed energico. Di colore rosso rubino al naso gioca principalmente sul floreale e sul frutto pur corredato da note balsamiche e leggeri sentori speziati. Il sorso è tipicamente verticale: qui le durezze sono nette perché la sapidità è notevole, così come la freschezza. Qualcuno parlerebbe di squilibrio ma in realtà non c’è niente di più tipico di questa peculiarità che io chiamerei “toscanità”. Agile, piacevole, beverino.

Sono Montenidoli 2016 Toscana IGT Rosso

🍇100% Sangiovese

⛰️350 mt slm

🍁Guyot

🗿Argilloso

⏳Fermentazione e macerazione in cemento, 24 mesi in barrique, 3 anni in bottiglia

#️⃣ 3.000 bottiglie

Conoscevo i bianchi di Montenidoli ma erroneamente non mi ero mai soffermato sui rossi che senza ombra di dubbio sono di qualità estrema. Un Sangiovese in purezza di questa caratura sono convinto che alla cieca potrebbe essere accostato a tanti altri suoi fratelli ben più blasonati. Premesse a parte dalla bottiglia emerge un Sangiovese purosangue in cui il tempo è stato un fido alleato smussando gli spigoli e donando complessità ed equilibrio. Al naso piccoli frutti di bosco, frutto rosso maturo, arancia sanguinella, il tutto condito da nounces di erbe officinali, eucalipto su tutti, e numerose note speziate di chiodo di garofano, pepe, liquirizia e foglie di tabacco. Al palato grazie ad una tessitura tannica di grande finezza ed una struttura importante, è armonico e si allunga su un finale molto persistente e di grande pulizia. 

Carato 2007 Vernaccia di San Gimignano DOCG

Torniamo infine al Carato come vi avevo anticipato sopra. Cena tra amici, tema della serata completamente libero, unica condizione bottiglie bendate. Frugando in cantina mi capita tra le mani questa 2007 di Carato. Bottiglia che lascia tutti dubbiosi, in primis sull’età ma soprattutto sulla provenienza. Nessuno azzarda un eta superiore ai 10 anni, alcuni pensano alla Francia, altri brancolano nel buio finché uno di noi, enologo di un’importante gruppo, se ne esce con: ma se fosse una Vernaccia di San Gimignano? Applausi per lui. Il fatto è che questa Carato 2007 è un vino in cui il tempo si è fermato perché l’evoluzione non è andata su toni troppo mielosi e l’acidità è ancora grande. Un vino monumentale dal colore dorato e con un naso di agrumi e spezie, intervallato da menta e note di macchia mediterranea, resina. Il sorso è pieno, leggermente sapido e di grande equilibrio. Finale lunghissimo. Una grande dimostrazione di quanto la Vernaccia posso sfidare il tempo.

Considerazioni finali:

Speravo fortemente che questo momento arrivasse durante il mio tour tra le cantine di San Gimignano, ma non essendo io a decidere le tappe non sapevo quando sarebbe arrivato. Il passaggio a Montenidoli era una sosta obbligatoria del mio racconto di San Gimignano perchè a quel luogo e a quella persona, si deve senza dubbio la rinascita della Vernaccia e il suo progressivo successo nel mondo. A Elisabetta Fagiuoli si deve riconoscere il suo imporsi in un mondo prettamente maschile, specialmente negli anni in cui ha deciso di fare di San Gimignano la sua vita, a Lei si devo molto di quello che oggi troviamo scontato ma che all’epoca era frutto di intuizioni e conoscenze che in quella terra non esistevano proprio. A Lei si deve uno stile, diventato bandiera, l’arte di saper attendere puntando sulla longevità di vini che per molti erano da bere subito e a cui il tempo non avrebbe dato giovamento. Perchè parliamoci chiaro, il Carato di Montenidoli è un’icona che sfida il tempo, la Tradizionale ci ricorda come anche oggi è possibile seguire gli insegnamenti del passato e la Fiore ci regala un’espressione pura e cristallina della Vernaccia. Tre interpretazioni tanto diverse quanto dall’unico comune denominatore: il terroir, pensato come l’unione di tanti singoli fattori di cui mai come in questo caso fondamentale è quello umano. Se quanto detto sopra era per me assodato, lo stupore è derivato dai rossi, dal Garrulo che ricorda i Chianti beverini di una volta per finire con Solo Montenidoli, un Sangiovese in purezza che farebbe paura a molti dei sui “cugini” chiantigiani e ilcinesi ben più blasonati. Grazie a Alessio per l’accoglienza e grazie alla stessa Elisabetta con cui spero di incontrarmi a breve. Come avevo detto all’inizio di questo racconto, il mio viaggio a Montenidoli è stato come un’esperienza spazio-temporale, dove le torri e le mura rimangono alle spalle, dove ti sembra di perderti in qualcosa di più grande di te. 

“Un’opera d’arte è il risultato unico di un temperamento unico” così diceva Oscar Wilde Montenidoli è un’opera d’arte.

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