Siamo di ritorno dal Merano Wine Festival ed il bello del weekend deve ancora arrivare. Non abbiamo alcuna fretta quindi percorriamo la splendida Sudtirol WeinStrasse: forse è il periodo dell’anno che preferisco, i colori tendono al dorato, i raggi solari illuminano le valli che attraversiamo ed i vigneti sembrano brillare come se avessero foglie dorate.
Ci fermiamo a Montagna dove ci aspetta una visita ed un pranzo di quelli che saranno difficili da dimenticare. Con Luisa Manna, moglie di Franz, ci eravamo conosciuti in occasione di una nostra degustazione in Toscana in cui abbiamo avuto l’onore di presentare assieme i vini dell’azienda. Finalmente, dopo oltre due anni, è arrivata l’occasione di andare a trovarli a casa loro. Ad accoglierci nello shop c’è il figlio di Franz Haas il cui nome è lo stesso del padre, come quello di tutti i primogeniti della famiglia, una tradizione che parte dal lontano 1880. E’ con lui che visitiamo la cantina.
La costruzione è di recente ultimazione, ci sono voluti molti anni per concluderla in quanto è stata praticamente scavata nella montagna, su più livelli collegati tra loro. Rimango abbagliato dalla bellezza della sala degustazione: lungo tavolo centrale circondato da bottiglie delle annate storiche, sul lato corto la sala termina su una parete di roccia viva, limo e argilla compattate, dove scorre acqua proveniente da fonti naturali. Passiamo poi alla barriccaia: sala molto suggestiva che termina con un’istallazione di Riccardo Schweizer dove sono presenti alcune delle immagini riprodotte nelle etichette. Procediamo poi nella zona di vinificazione: vasche di cemento, serbatoi di acciaio, antiche botti di forma ovale intarsiate, bellissime.
Un po’ di storia e curiosità:
La storia dell’azienda risale al 1880 e da lì di generazione in generazione si è tramandata.
L’azienda opera su una superficie vitata di 55ha totali suddivisi tra proprietà, affitti e conferenti. I vigneti si trovano nei comuni di Egna, Montagna e Aldino con altitudini che variano tra i 240 ed i 1.150 metri, tra i più alti del Sudtirol. E’ anche questa una delle attuali sfide di Franz Haas, ricercare vigneti a più elevate altitudini, in modo da garantire acidità e longevità ai suoi vini. Per questo motivo ci siamo soffermati molto a parlare del Cru di Mazzon, uno dei luoghi dove troviamo il maggior costo per ettaro in Italia. Mazzon si trova a poco più di 400 metri s.l.m., il riscaldamento globale sta modificando sensibilmente le temperature medie e le variazioni nel corso dell’ultimo decennio sono state piuttosto consistenti. La sfida è quindi scoprire un “nuovo” Mazzon, ma molto più in alto.
La varietà climatica è davvero notevole ma se dovessimo generalizzare quello che si riscontra principalmente è un clima continentale temperato. Per quanto riguarda i suoli si passa dalla sabbia porfirica, all’argilla, al calcare dolomitico.
In vigna vengono utilizzate soltanto sostanze organiche per favorire il processo di coltivazione e fertilizzazione. Spesso l’erba tra i filari viene lasciata alta per favorire l’impollinazione, la produzione dei fiori e la riproduzione degli insetti.
Altro dettaglio che contraddistingue l’azienda sono le etichette, realizzate da Riccardo Schweizer. Pittore, scultore, fotografo ed architetto che nel corso della sua carriera ha collaborato con alcuni tra i più importanti artisti mondiali tra cui Picasso, Chagall, Cocteau e Le Corbusier. Le etichette furono donate da Maria Luisa Manna a Franz come portafortuna per l’uscita dei suoi vini e la prima, quella del Pinot Nero “Schweizer”, fu apposta sulla bottiglia annata 1987, uscita in commercio nel 1990. Etichette uniche, bellissime e che soprattutto si distinguono in maniera clamorosa sugli scaffali di enoteche e ristoranti.
Terminata la visita alla cantina saliamo ancora di livello e raggiungiamo la sala da pranzo. Ad attenderci una bellissima tavola imbandita con vista sulle vigne e tutta la famiglia Haas al completo: Franz, sua moglie Luisa ed i loro figli Sofia e Franz. Atmosfera fantastica, veramente familiare tanto è che al pranzo partecipano ogni giorno anche tutti i loro collaboratori.
Più che dei vini, dei quali comunque vi parlerò in breve, voglio raccontarvi delle storie legate ad alcuni di essi. Avevo conosciuto Franz Haas di persona ma i nostri discorsi non erano mai andati oltre al saluto di presentazione. Trovarsi al suo fianco a tavola è stato per me inizialmente difficile: sono una persona inizialmente timida con tutti, figuriamoci di fronte ad uno dei produttori che stimo più in assoluto. L’assist lo lancia ovviamente Luisa, con lei c’è stato da subito grande feeling dal primo incontro alla nostra degustazione, un’animo napoletano esportato in Alto Adige, una vera bomba di energia che ha contribuito in maniera fattiva al successo dell’azienda. E’ lei a chiedere a Franz di raccontarci qualche aneddoto e così quell’uomo apparentemente schivo e riservato, diventa il protagonista del pranzo: i suoi occhi si illuminano mentre parla a ruota libera del suo territorio, delle sue vigne e dei suoi vini. Nei suoi racconti si percepisce in maniera netta il tarlo della ricerca della perfezione, parla di qualcosa di compiuto ma di incompleto e che forse per i suoi standard non troverà mai la completezza vera e propria. Questa volta proverò a fare una cosa diversa, cercherò di descrivervi i vini che abbiamo bevuto raccontandovi degli aneddoti:
Moscato Giallo – Vigneti delle Dolomiti IGT – 2018
Franz è uno sperimentatore, ci racconta come ci siano in cantina tanti vini quanti sono quelli attualmente in commercio che probabilmente non usciranno mai. La nascita di questo vino è infatti una casualità: un giorno a pranzo con clienti ed amici, in una situazione simile alla nostra, si presenta a tavola con un vino senza etichetta. Era uno dei suoi esperimenti, vinificato per semplice curiosità. I commensali lo assaggiano e ne rimangono molto colpiti, entusiasti, tanto che la loro reazione convince Franz ad imbottigliarlo. Prima annata la 2010, uve provenienti da un vigneto di proprietà a Mazzon e da un conferitore unico di Montagna. Un vino che ha naso tipico di Moscato, ma al palato si distingue per mineralità e freschezza equilibrate da una notevole struttura di base.
Sauvignon – Vigneti delle Dolomiti IGT – 2018
Questo vino è lo spunto per parlare di altitudine. Quello di Franz Haas è un Sauvignon più atipico che tipico perché a mio avviso mostra i suoi tratti classici solo dopo alcuni anni di bottiglia. E’ un vino che ha uno sguardo rivolto dritto al futuro, capace di evolversi e di mostrare in gioventù soltanto una parte di quello che esprimerà in futuro. Perché mi chiederete? Semplice: cresce in alta collina, attorno agli 850 mt, nel comune di Aldino. Questo garantisce temperature più fresche che regalano in gioventù profumi netti di fiori di montagna, di frutta fresca come la pesca, ma anche erbe officinali. Con qualche anno in più aumenta la tendenza vegetale e balsamica, nonché la maturità del frutto. Un vino che se saputo aspettare, almeno per mio gusto personale, regala grandissime emozioni.
Petit Manseng – Vigneti delle Dolomiti IGT – 2018
Su questo vino Franz ci racconta una storia tra le più belle mai ascoltate. Accadde tutto durante un suo viaggio a Bordeaux: durante il ritorno Franz decide di fermarsi nella zona dello Jurancòn, Pirenei francesi, un’area che fino a quel momento era per lui praticamente sconosciuta. Così vagando casualmente nota un agricoltore che stava arando un terreno, si ferma e scende dall’auto: la prima cosa che nota è che quel terreno sembrava molto simile al suo e che soprattutto emanava un odore praticamente identico. Mosso dalla curiosità di capire qualcosa in più Franz si dirige in quell’azienda, scopre così che stavano piantando barbatelle di Petit Manseng e chiede al produttore di averne alcune. Torna così dallo Jurancòn con 3 barbatelle che prontamente prova a mettere a dimora nei suoi terreni in Alto Adige. Da quel momento parte la creazione di un vigneto sperimentale che ha portato oggi ad accrescere il numero delle piabte fino a 15.000. L’idea di Franz, dopo averlo degustato a suo tempo in Francia, era di utilizzare il Petit Manseng per dare struttura e complessità al Manna oppure produrre un vino dolce come in genere viene fatto nello Jurancòn. Dopo diversi anni di prove, sia in vigna che nelle vinificazioni, venne verificato che l’uva era facilmente lavorabile in maniera biologica. Il risultato straordinario sta in questa bottiglia di Petit Manseng, prima annata di produzione 2012. Un vino che adoro, dalle numerose sfaccettature e piacevoli contraddizioni: naso intenso, aromatico, profondo, ci si aspetta un palato grasso ed invece è incredibilmente verticale, sapido, minerale e di grande freschezza. Stessa sensazione nel finale, molto persistente, dove una frutta matura sembra pervadere il palato ma viene spazzata da un’ondata di freschezza e completa pulizia.
Pinot Nero Schweizer – Alto Adige DOC – 2008
Questa bottiglia giunge sulla tavola bendata. Viene aperta ad inizio del pranzo e lasciata ossigenare un po’ in bottiglia dopo essere stata approvata dall’assaggio di Franz. Versato il vino, il calice risplende di un colore rubino quasi accecante. Non sappiamo cos’è ma si intuisce dal colore piuttosto trasparente e soprattutto dal naso dove emergono piccoli frutti di bosco, frutta rossa matura ed in confettura, note speziate. E’ un Pinot Nero non ci sono dubbi e subito ce lo confermano. Ma la cosa da scoprire è ovviamente un’altra e cioè l’annata di quel vino. Considerate che a tavola ci sono oltre alla famiglia Haas, i suoi collaboratori, noi ed altre persone del settore. Nessuno si avvicina particolarmente, tutti pensano ad annate che vanno dalla 2012 alla 2015. La bottiglia viene scoperta con grande stupore generale: un vino di 11 anni ma con una freschezza e vivacità straordinaria. Gli occhi di Franz brillanto vedendo i nostri increduli. Affrontiamo così una tematica a lui molto cara: lo screwcap o tappo a vite, sì perché questo Pinot Nero era chiuso con tappo a vite. Dall’annata 2019 tutti i vini di Franz Haas sono chiusi con il tappo a vite e Franz ci spiega come è arrivato a questa scelta: le prove sono iniziate nel 1973 quindi si parla di un’esperienza quasi trentennale. Sono stati svolti esperimenti, prove e degustazioni comparative (in una in particolare venne degustato lo stesso vino tappato con sughero ed a vite, 59 professionisti su 60 preferirono quello con tappo a vite). Franz ci spiega che la problematica è semplicemente psicologica, “romantica” la definisce: non siamo abituati a vederlo ed a considerarlo con favore. Spiega però che quella è l’unica chiusura sicura e che lascia inalterato il contenuto della bottiglia: “lo scambio di ossigeno che permette il sughero è una leggendo metropolitana! I buoni sugheri che oggi non esistono più, non permettevano il passaggio di ossigeno. L’ossigeno di cui il vino ha bisogno lo deve prendere durante la sua crescita, prima dell’imbottigliamento”. Ipse dixit.
Manna – Vigneti delle Dolomiti IGT – 2006
Mentre aspettiamo il dolce esco assieme al giovane Franz per una pausa. Mentre siamo fuori noto su un tavolo alcune magnum con ancora un po’ di vino all’interno. Mi avvicino: Manna, magnum, 2006. Non vi nascono che questo è uno dei miei bianchi preferiti, era presente anche sulle tavole del mio matrimonio, giusto per farvi capire. Ormai mi sento a casa, e con la mia consueta faccia tosta chiedo: “Franz me lo faresti assaggiare?”. La bottiglia viene subito messa in tavola con alcune dovute precisazioni: era aperta da 2/3 giorni. Sarà che l’aria di Montagna aiuta, sarà stato il grande formato, ma il vino era ancora vivo, ed aveva ancora molte cose da dire: paglierino carico, brillante. Naso di fiori secchi, di frutta matura, albicocca e susina, nota di idrocarburo, erbe aromatiche. Un bouquet esplosivo. Al palato leggermente stanco in ingresso ma ancora pieno, fresco, sapido. Scaldatosi un po’ (fuori la temperatura era attorno allo zero), si apre ulteriormente al naso ma soprattutto al palato mostrandosi caldo e avvolgente. Un vino che adoro, una bottiglia che una volta vista, non potevo perdermi!
Moscato Rosa – Alto Adige DOC – 2018
Qualche giorno fa mi è stato chiesto quel fosse per me il miglior vino dolce italiano. Non ci ho pensato due volte: il Moscato Rosa di Franz Haas. Per i cultori della tipologia, un vero e proprio vino icona, per i più reticenti, un vino che può far cambiare idea e gusti. Non si tratta di un passito, né di una vendemmia tardiva, né di un muffato, ma di un vino naturalmente dolce: sono le uve stesse dotate di un alto residuo zuccherino tanto che la vendemmi non viene minimamente ritardata ma fatta semplicemente quando le uve sono mature. Per me un vino magico, la cui magia è insita proprio in se stesso. E’ questa la sua particolarità: nasce così e non ha bisogno di altro. Naso finissimo di petali di rosa, scorza di agrumi, lampone e ciliegia in confettura, ma anche spezie come il chiodo di garofano. Al palato è dolce, ampio, tannico e fresco, un equilibrio perfetto di tutte le componenti. Finale lunghissimo che lascia in bocca una freschezza e pulizia disarmante.
Conclusioni:
Un’accoglienza così calorosa è una cosa che non si dimentica. Per questo ringrazio infinitamente Luisa, una padrona di casa impeccabile, ma anche tutte le persone che hanno contribuito a rendere questo pranzo indimenticabile. E’ stato un vero piacere condividere questo pranzo con tutta la famiglia. Dal lato enoico, un’esperienza per me indimenticabile: raramente capita di condividere un momento così con un uomo dalla cultura enologica, e non solo, infinita. Un uomo che ha sempre guardato più al futuro che al presente, sempre alla ricerca di una perfezione che per i suoi standard forse non arriverà mai. Questo però non gli impedisce di continuare a provarci, continuare i suoi esperimenti e le sue ricerche, sempre direzionate all’eccellenza. Forse Franz non sarà mai soddisfatto al 100% dei suoi vini ma io consumatore e appassionato lo sarò sempre, ad ogni singolo sorso di uno qualsiasi dei suoi vini. Sarei stato ore ad ascoltarlo, ho cercato di assorbire il più possibile da ogni suo singolo racconto, tanto che oggi a distanza di 5 mesi ricordo praticamente tutto. Vi giuro che ho chiesto soltanto un aiuto a Luisa perché la storia del Petit Manseng ve la volevo raccontare nel dettaglio.
Vi lascio con due domande “banali” che ho fatto a Franz e che hanno generato due risposte ovviamente “non banali”.
Qual è la bevuta che ad oggi ricordi con più emozione?
Due secondi per pensare e qualcosa si accende in Franz: “Domaine de La Romanèe-Conti, La Tache, 1953. Bevuta proprio nei vigneti del Domaine assieme a baguette e formaggio Amor de Nuit. Incredibile trovare un vino di quell’età con quella freschezza, quella trama tannica, quella nitidezza dei profumi. Un vino perfetto, una bevuta indimenticabile. Mi ispiro a quello, il mio obiettivo è fare un vino uguale. Loro ci sono riusciti, perché non posso riuscirci anche io? Ancora oggi continuo a chiedermi se l’annata 1953 fu un caso oppure venne scelta per farmi un piacere immenso, essendo proprio il mio anno di nascita”
Qual è il Pinot Nero Toscano che più apprezzi?
“Un’azienda che apprezzo molto è quella dell’amico Paolo Cerrini, Il Rio, nel Mugello” – nel frattempo mi mostra il cellulare con un messaggio proprio di Paolo che gli chiedeva dei chiarimenti enologici – “. Con lui ci scambiamo spesso opinioni e consigli, di anno in anno il suo Pinot Nero è sempre più buono”. Rispondo con un grande sorriso: “Confermo e sottoscrivo, il Ventisei è anche il mio Pinot Nero toscano preferito!” – Ridiamo insieme