Quella che sto per raccontarvi è una storia ricca di significati: tradizione, cultura, famiglia, amicizia. 5 ettari di vigneti sparsi, ognuno dei quali parla di se e non lo fa in maniera egoistica ma mettendo a disposizione le sue doti per un progetto ben più grande. Qui una famiglia da ben sei generazioni tramanda la sua cultura di padre in figlio e lo fa nel rispetto della tradizione e con profonda riverenza nei confronti della terra, perchè da li nasce tutto e l’obiettivo non è quello di sfruttarla ma di preservarla, di custodirla.
La visita
Ci troviamo a Perno, una piccola frazione di Monforte d’Alba, nel cuore delle Langhe. L’azienda in questione è Cascina Fontana, piccola realtà familiare, oggi guidata da Mario Fontana, sesta generazione di questa storica famiglia di viticoltori. Quella che mi attende non è una visita come tutte le altre perchè dal mio arrivo intorno alle 14:00, la giornata si protrarrà fino a notte inoltrata. A coinvolgermi in questo evento è Augusta Boes, al secolo @sommelier_on_a_mission che assieme al mitico Michele Nasoni @nasodivino sono riusciti a radunare un manipolo di persone che fino a quel momento avevo conosciuto solo virtualmente e che diventeranno nel giro di qualche minuto amici reali.
Ad accogliermi al mio alloggio è proprio Mario Fontana e non vi nego la mia emozione nel trovarmi di fronte una delle persone più rappresentative di tutte le Langhe. Assieme a lui Gabriele Rigozzi, in forza all’azienda da pochi mesi ma profondo conoscitore del territorio e della viticoltura. La loro gentilezza e disponibilità ci accompagnerà per tutta la giornata. Pronti via e saliamo in macchina per raggiungere gli altri che ci aspettano in vigna. Ci fermiamo al confine tra i comuni di Monforte d’Alba e Castiglione Falletto dove si trova uno dei vigneti di proprietà della famiglia all’interno del Cru Mariondino. La nostra visita parte da lì, dal Cru all’interno del quale si trova la Vigna Valletti, dove nel 1820 nacque Cascina Fontana.
5 ettari totali dislocati nei comuni di Castiglione Falletto (Vigna Valletti – Cru Mariondino, Vigna Villero – Cru Villero e Vigna del Pozzo), di La Morra (Vigna Gallinotto – Cru Giachini) e di Sinio (Vigna del Castello) unico comune al di fuori dalla DOCG Barolo. Sono 5 le persone che si occupano della gestione dell’azienda, Mario in prima persona segue l’intero processo produttivo dalla vigna alla cantina. Il metodo è quello tradizionale e non è altro che la prosecuzione del lavoro e della filosofia delle generazioni precedenti. Un terroir che seppur variando da zona a zona, regala grande mineralità e permette una lunga e lenta evoluzione dei vini. Mariondino ad esempio dona struttura e mineralità, Villero fatto principalmente di sabbie, regala eleganza. La Morra ricca di argilla apporta frutto e prontezza. Nasce da qui la decisione di assemblare, ricercando la perfetta unione di tutti i punti di forza di ogni singolo vigneto.
Dal Cru Mariondino riusciamo ad ammirare la valle sottostante che a nord guarda verso Alba: è da lì che il vento si incanala e grazie alla conformazione molto aperta riesce a circolare ad una velocità normale e benefica. E’ così che le temperature vengono mitigate a differenza di altre valli più strette dove il vento circola più velocemente generando abbassamenti delle temperature. “Un grande vino nasce in vigna”: è questo il concetto che Mario sottolinea più volte, ricordandoci tutto il lavoro svolto ogni anno per giungere alla vendemmia. Guyot come forma di allevamento, 1 metro di distanza tra i filari, in alcuni casi anche 80 centimetri, 4.000 piante per ettaro, 7/8 grappoli per pianta. Tutto è volto a cercare di ritardare il più possibile la vendemmia in modo da ottenere maggiore freschezza, meno alcool ed eleganza. di norma la raccolta del Nebbiolo non avviene prima di metà Ottobre. Mario e Gabriele ci fanno anche vedere la tecnica della potatura, facendoci addirittura provare personalmente, esperienza bellissima.
Dalla vigna ci dirigiamo in cantina. Qui Mario prosegue la tradizione di suo nonno Saverio: i grappoli raccolti in piccole cassette una volta giunti alla cantina vengono immediatamente sottoposti a pressatura soffice, privi del raspo. Il mosto è pompato in vasche di acciaio dove avviane la fermentazione spontanea la cui durata varia a seconda della tipologia dell’uva: circa 6/7 giorni per il Dolcetto, 10/12 per la Barbera e fino a 40 giorni per il Nebbiolo atto a divenire Barolo. Unico vino che affina in acciaio è il Dolcetto, per gli altri la sosta avviene in legno (circa 1 anno per il Langhe Nebbiolo e la Barbera d’Alba). Il Nebbiolo atto a divenire Barolo sosta invece 2 anni in botti di rovere di Slavonia da 25 hl dopo di che le masse assemblate sostano in cemento per un ulteriore anno e riposano 6 mesi in bottiglia. Nessuna chiarifica e filtrazione, la stabilizzazione avviene in vasche di acciaio poste all’esterno della cantina durante il periodo più freddo dell’anno.
Prima di passare alla degustazione assaggiamo alcuni campioni dalle vasche: vini atti a divenire Barbera d’Alba 2018, Dolcetto d’Alba 2019, Langhe Nebbiolo 2018, Barolo 2016, Quello che colpisce di tutti gli assaggi è la precisione che denotano allo stato attuale: colore limpido e luminoso, rubino, freschezza e intensità dei profumi ed una beva incredibile.
La degustazione:
Vino Rosso atto a dare Dolcetto d’Alba DOC – 2019 (campione da vasca)
Partiamo con questo sorprendente Dolcetto le cui uve provengono dalle vigne situate a Sinio. Mario lo definisce “vino popolare, da bere tutti i giorni”, verissimo, ma riduttivo. Vendemmiato in settembre lo assaggiamo come campione di vasca a poco meno di 4 mesi dalla vendemmia ed è qui la grande sorpresa: un vino che nella sostanza è pronto da bere. Tornando alla definizione di Mario mi ritrovo con le sue parole perchè quello che abbiamo nel calice è senza dubbio un vino di pronta e piacevolissima beva ma devo aggiungere che possiede già note ben più complesse ed affascinanti. Frutto in evidenza al naso, al palato ha grande acidità, un tannino ben marcato ma sottile ed una bella struttura generale. Se aggiungiamo che il sorso ha anche una bella lunghezza capite bene che tutti vorremmo avere un vino “popolare e da pasteggio” così!
Barbera d’Alba DOC – 2017
Cemento e legno piccolo (barrique di rovere francese anche nuove) per l’affinamento di questo vino. Questa è l’idea di Mario su come gestire la sua Barbera sulla quale ritiene necessario ottenere un tannino toccato dal legno. Un vino sui generis perchè se pensate ad una Barbera intesa come “vino del contadino”, anch’essa da pasteggio ed immediata siete fuori strada. Vero che allo stato attuale dimostra comunque una piacevole beva, ma quella che lascia intravedere è una longevità ed evoluzione nel tempo notevole. Rosso rubino carico, frutto rosso intenso accompagnato da sentori di spezie e da tanta mineralità. Il sorso è potente, strutturato, concentrato e con un tannino scalpitante che pulisce completamente il palato. Lungo nel finale dove emergono anche note leggermente balsamiche e rinfrescanti. Grande curiosità sulla sua futura evoluzione quando Mario ci confessa possa andare anche oltre i 30 anni.
Langhe Nebbiolo DOC – 2017
Se i due vini precedenti mi avevano colpito, questo inizia a farmi brillare gli occhi. Un Langhe Nebbiolo che definirei unico nel suo genere perchè riesce a trarre da questo magnifico vitigno e dalla sua terra di provenienza il meglio. Le uve provengono dalla storica vigna del Castello di Sinio (comune al di fuori dalla DOCG Barolo per una “mancanza”, chiamiamola così, che Mario ci racconta in un divertente aneddoto – se volete saperlo scrivetemi in privato!) e dalla Vigna del Pozzo nel comune di Castiglione Falletto. Cemento e 12 mesi in botticelle di rovere di Slavonia (Garbellotto), fermentazione alcolica senza macerazione per preservare la freschezza del frutto, estrazione a freddo (come da tecnica utilizzata a Bordeaux). Ne deriva un vino fresco, dal frutto croccante, di struttura, sapido e tannico. Un vino dal perfetto equilibrio e dal lungo finale dove riemergono note floreali e fruttate, ma soprattutto balsamiche. Una beva incredibilmente elegante.
Barolo DOCG – 2015
“Il Barolo deve riflettere l’eleganza e la nobiltà del nostro territorio”: ecco il magico risultato che deriva dal lavoro di 6 generazioni di viticoltori e dall’idea di estrarre il meglio dai terreni a propria disposizione. Mariondino, Villero e Giachini questi i Cru di provenienza. Ogni vigna ha una storia a se, ognuna con la sua diversa maturazione e quindi periodo di raccolta. Viene applicata una selezione maniacale del grappolo prima di essere raccolto e messo in cassetta. Tutti i processi di vinificazione sono separati fino all’assamblaggio anch’esso fatto per gradi. Segue un periodo di circa 40 giorni di macerazione, l’affinamento è di 8 mesi tra acciaio e cemento, 2 anni di legno, 1 ulteriore di cemento e bottiglia nel quarto anno. Vista la tempistica potrebbe anche essere chiamato “Riserva” ma come per quanto riguarda la produzione di vini da singoli Cru, anche in questo caso l’azienda fa la sua scelta. Un vino che in gioventù Mario definisce “difficile”. Rimango piuttosto sbalordito perchè quello mi trovo nel bicchiere è un Barolo che da subito coniuga profumi evoluti, tannino, mineralità e acidità trovando un equilibrio pazzesco. Se lo scopo era riflettere la nobilità e l’eleganza del territorio direi che il risultato parla da solo. Un assemblaggio dove tutto si fonde all’unisono, dove ogni singolo apporto è fondamentale per ottenere un vino unico. Se pensiamo alle singole caratteristiche delle vigne riusciamo a distinguerle ma non a separarle: una sorta di quadratura di un cerchio magico.
Barolo DOCG del Comune di Castiglione Falletto – 2015
Il vino della memoria. Quando Mario ce lo racconta si percepisce tutta la sua passione e tutto il suo attaccamento alla famiglia. Ci racconta di quando non ancora maggiorenne abbandona la scuola attratto dal lavoro nei campi e dalla figura dei suoi genitori e di suo nonno Saverio, ci racconta di una terra a cui è legato indissolubilmente. Questo vino diventa così un omaggio alla sua terra e alla sua famiglia. Nel calice trovo un vino più rude, verace oserei dire. Le mancanze rispetto al precedente Barolo diventano punti di forza: meno estetica e meno rotondità ma tanta struttura, profondità e mineralità. Un tannino dalla trama fitta ma davvero esuberante. Il sorso diventa improvvisamente verticale ed è ben lontano da trovare equilibrio in questa sua sfrontata gioventù. Vino incredibile.
Vino Rosso atto a dare Barolo DOCG – 2016 (campione di botte)
L’impressione che ho avuto è stata quella di avere a che fare con un fuoriclasse. Non che il 2015 non lo sia ma qui ho trovato qualcosa di magico. Una finezza nei profumi ed un’eleganza complessiva che raramente ho riscontrato in vino, figuarasi in un campione.
La cena:
Ceniamo a Perno, al Ristorante Gennaro Di Pace gestito dall’omonimo chef. Con noi Mario Fontana, sua moglie e Gabriele. Questi i vini degustati durante una cena sublime:
Tenuta Grillo – Baccabianca – Vino bianco 2011
E’ possibile ottenere dal Cortese un vino strutturato e dalle mille sfaccettature? Assaggiate questo e la vostra risposta sarà sì. Azienda monferrina con uno sguardo fisso verso i vini naturali. 100% Cortese che beneficia di lunga macerazione per vestirsi con l’abito da sera e regalare molte emozioni. Un vino inenso, safaccettato, dal sorso verticale di grande acidità e sapidità ma ben equilibrato da una discreta struttura. Bella sorpresa.
Cascina Fontana – Vino Rosso – Vendemmia 2017
Il primo vino che Mario ci porta in tavola è un Vino Rosso, si avete letto bene, nessuna denominazione. Tra lo stupore generale (nessuno aveva la minima idea dell’esistenza di questo vino!) Mario ci racconta il risultato di un sogno, che per molti rimarrà tale, visto la limitatissima produzione (circa 800 bottiglie). Questo vino non è altro che Nebbiolo proveniente da un piccolo fazzoletto di poco più di mezzo ettaro, da viti di oltre 50 anni, fermentazione spontanea e affinamento di 6 mesi in vasca di vetroresina, sosta di 8 mesi in bottiglia e nessuna aggiunta di solfiti. Chiamatelo “naturale” o chiamatelo come volete ma quello che si presenta nel bicchiere è un Nebbiolo puro, ben diverso da tutti quelli che ho assaggiato: è rude, spigoloso e rilascia sentori pazzeschi di terra umida, di erbe officinali, di frutta rossa. Un sorso dove domina prepotente l’acidità solo in parte mitigata dal calore donato dall’alcool. Nato come un esperimento, sta regalando risultati interessanti.
Barolo DOCG – 2013
Primavera ritardata, temperature mediamente basse e abbondanti precipitazioni in Aprile e Maggio. Vendemmia ritardata che si è conclusa in Novembre con alte temperature nei mesi estivi. Un Barolo di grande struttura, profondità e con tantissimi anni davanti a sè.
Barolo DOCG – 2011
Annata precoce e fuori dagli schemi caratterizzata da grande disponibilità idrica dei terreni e rese ridotte. Ne esce un Barolo di grande stoffa, con concentrazione di colore, intense note fruttate e tannino imponente, Vino superlativo.
Barolo DOCG – 2006
Annata dall’andamento altalenante, caratterizzata da precipitazioni scarse e dall’alternarsi di temperature medie che sono scese sia al di sotto che al di sopra della singola media mensile. Le piogge di Settembre sembravano compromettere parte del raccolto ma chi ha saputo aspettare ha ottenuto vini straordinari, come questo di Cascina Fontana. Grande complessità dei profumi, grande equilibrio tra acidità e parti morbide. Un vino attualmente in stato di grazia ma con un lungo futuro davanti a se.
Barolo DOCG – 2005
Inverno mite con contenute precipitazioni, primavera molto fresca con scarse piogge, estate molto calda. In linea generale un’annata anomala ma ottima per chi ne ha saputo cogliere le sfumature. Colore marcato, bouquet molto profondo, struttura e tannino dalla trama fitta e setosa.
Barolo DOC – 1967
Facciamo ora un balzo di quasi 40 anni nel passato. Emozione incredibile quando Mario ci versa questo Barolo. Il colore è granato scarico con tendenze aranciate, un colore ipnotico. Una grande annata in terra di Barolo e lo si percepisce dai sentori ancora vivi di frutta, tendezialmente sotto spirito, si apre poi un bouqet di spezie e note ematiche e ferrose. Al palato regala un’acidità viva, è sorretto da un tannino ancora presente ma finissimo, elegante. Il sorso è di quelli da ricordare, ancora di grande persistenza. Non si bevono spesso bottiglie del genere, conservate perfettamente in cantina.
Barbaresco – 1971
Ultima perla della cena, un vino “unicorno” di quelli di cui non sapevi nemmeno l’esistenza e di quelli che in pochi nella vita avranno il piacere di assaggiare. Siamo in un’era in cui anche a Barolo si produceva Barbaresco e lo si faceva come una sorta di secondo vino. Vedersi davanti questa bottiglia, prodotta dal nonno di Mario è quasi surreale come surreale è il sorso di rara eleganza, finezza e vivacità.
Conclusioni
“Mario, cosa è per te il vino?” Concludiamo la serata con la risposta di Mario Fontana alla domanda che gli rivolge Michele
“Il vino è come una preghiera. Il vino serve a far capire chi sono e da dove vengo, è un modo per rimanere connesso all’origine. Il vino è quello che ti aiuta a ritrovare te stesso”.
Silenzio, commozione, applausi.
Inutile stavolta fare i ringraziamenti di circostanza. La giornata che Cascina Fontana ci ha donato è qualcosa di troppo grande, dal valore incommensurabile, uno di quei giorni che mi porterò per sempre nel cuore.
È una storia che mi appartiene e che non avresti potuto raccontare meglio! Grazie Andrea per aver rinnovato una emozione così bella!
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